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domenica 25 dicembre 2011
venerdì 9 dicembre 2011
IL DECRETO SALVA BANCHE DELLA MANOVRA MONTI SPOSTERA' I DEBITI DELLE BANCHE SUI CITTADINI
Con la pubblicazione del testo ufficiale e definitivo della manovra Monti, il cosiddetto decreto salva Italia, emergono alcuni dettagli che non sono assolutamente trascurabili, perchè da questi dettagli dipenderà l'effetto concreto della manovra sulla vita dei cittadini italiani e sul fallimento forse solo rimandato dell'Italia.
Il presidente del consiglio Mario Monti non ha solamente applicato alla lettera le direttive che la BCE aveva già inviato al governo Berlusconi ad agosto scorso, ma è andato anche oltre ogni plausibile immaginazione, perchè ha assunto in proprio i debiti di tutte le banche italiane spostandoli e spalmandoli con un semplice artificio finanziario sulle spalle dei cittadini italiani (soprattutto quelli onesti che hanno sempre pagato, mentre poco e niente è stato fatto contro gli evasori cronici, dato che come ammesso candidamente da alcuni ministri del governo Monti sono più difficili da rintracciare e tassare).
Nel 2012 lo Stato italiano avrà in scadenza circa 400 miliardi di titoli di debito pubblico, che stante la mancanza di una banca centrale di riferimento l'Italia dovrà rifinanziare tramite la vendita sui mercati dei propri titoli di stato con i rendimenti decisi dai mercati stessi, così come è avvenuto fino ad oggi (è difficile immaginare che la BCE si scrolli di dosso la paura tedesca dell'inflazione e cominci a comprare titoli sul mercato secondario per calmierare un possibile rialzo dei rendimenti).
Tuttavia sempre nel 2012 non sono soltanto in scadenza una massa enorme di titoli di stato italiani, ma anche una quota analoga di poco inferiore di titoli obbligazionari emessi dalle banche italiane nei mesi e negli anni scorsi, per coprire le perdite e raccogliere liquidità dai mercati (la sola Banca Intesa avrà in scadenza titoli obbligazionari per una cifra pari a 24 miliardi).
Se non bastasse questa grande quantità di debito bancario da rifinanziare, l'Agenzia Bancaria Europea EBA ha penalizzato le banche italiane con la norma assurda del mark-to-market (ovvero postare in bilancio i titoli di stato non al prezzo storico di acquisto ma al prezzo di mercato, con una conseguente ulteriore perdita del patrimonio di vigilanza delle banche dovuto alla progressiva svalutazione dei titoli di stato italiani sui mercati), che comporterà un rafforzamento complessivo obbligatorio del patrimonio delle banche italiane di circa 14 miliardi di euro (di cui 7,5 miliardi della sola Unicredit e 3,8 miliardi di Montepaschi di Siena).
Il presidente del consiglio Mario Monti, già di suo molto vicino e sensibile alle esigenze della grande finanza bancaria, con il supporto del ministro banchiere Corrado Passera, ha risolto questo labirinto di debiti del comparto bancario italiano con un espediente legislativo che sposterà materialmente l'intero debito delle banche sulle casse già martoriate dello stato e quindi in ultima istanza sulle spalle dei cittadini italiani.
L'articolo 8 del decreto salva Italia (da qui decreto salva banche) “Misure per la stabilità del sistema creditizio” recita così: “Il Ministro dell'economia e delle finanze (lo stesso Mario Monti) è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane, con scadenza da tre mesi fino a cinque anni o, a partire dal 1 gennaio 2012, a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite, di emissione successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Le banche italiane quindi potranno emettere obbligazioni per una cifra pari al loro stesso patrimonio di vigilanza, con la garanzia che se non potranno ripagare questi nuovi debiti obbligazionari sarà lo stato italiano ad intervenire per risarcire i creditori.
Il presidente del consiglio Mario Monti ha giustificato questa norma curiosa (ma mica tanto per uno che è stato nominato alla sua carica dai banchieri italiani ed europei, e già peraltro applicata in un paese altrettanto indebitato come la Spagna) dicendo che le banche potranno così raccogliere nuovi capitali da destinare al credito alle imprese e al rilancio dell'economia, ma come faranno le banche a prestare soldi alle imprese se sono così indebitate?
Semplicemente non lo faranno, perchè le banche continueranno a fare quello che hanno sempre fatto fin qui: non presteranno soldi alle imprese, ma investiranno questi soldi per autosostenersi e ripagare i loro debiti reciproci (Unicredit comprerà le obbligazioni di Banca Intesa e di MPS, Banca Intesa comprerà i titoli di debito di Unicredit e MPS e così via).
Non solo, le banche italiane utilizzeranno i margini della loro nuova ingente raccolta di capitali per investire nell'unico asset che offre oggi buoni rendimenti e ottime garanzie di risarcimento: i titoli di stato italiani in scadenza.
Quindi il meccanismo non tanto geniale per la verità della triangolazione costruito dal professore Monti e dal banchiere Passera prevede questa sequenza: i debiti delle banche diventano prestiti allo stato, mentre i debiti dello stato diventano altri debiti da addossare in massa sulle spalle dei cittadini e se il fallimento dell'Italia non è evitato del tutto, almeno è stato rimandato di altri due, tre o cinque anni (dipende dalla scadenza che avranno i nuovi titoli di stato).
Se per il governo Monti il fallimento dei cittadini e delle imprese è un male sopportabile, non è altrettanto sostenibile il fallimento di istituti bancari che in questo lungo periodo di crisi non hanno svolto correttamente la loro funzione di servizio e utilità sociale, spostando anno dopo anno gli investimenti al territorio, al tessuto sociale e alle imprese verso le più redditizie e potenzialmente sicure (vedi titoli di stato) rendite finanziarie.
Ma a garanzia della correttezza e trasparenza di questa operazione di rifinanziamento bancario, i cittadini italiani possono stare tranquilli perchè il decreto salva banche della manovra Monti prevede che sia Banca d'Italia a vigilare e monitorare il processo di assegnazione delle garanzie statali alle banche, ovvero la stessa banca centrale privata controllata da Unicredit, Banca Intesa, MPS e così via (state pure tranquilli cittadini italiani, dormite sereni, ci pensa Banca d'Italia a garantire per voi!)
giovedì 8 dicembre 2011
lunedì 5 dicembre 2011
CGIL, CISL e UIL 12 dicembre sciopero generale unitario contro manovra
I sindacati al termine dell'incontro di questa mattina hanno deciso una mobilitazione unitaria per lunedì prossimo: tre ore di sciopero e presidi davanti alle Prefetture I lavoratori del pubblico impiego di CGIL, CISL e UIL sciopereranno per l'intera giornata lunedì 19 dicembre - Manovra: Camusso, salva Italia? Ma ammazza la popolazione
CGIL, CISL e UIL sciopereranno unitariamente lunedì 12 dicembre. Tre ore di astensione dal lavoro e presidi davanti alle Prefetture contro la manovra presentanta dal governo. E' quanto è stato deciso dai tre Segretari Generali Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti nel corso dell'incontro di questa mattina.
Nella nota unitaria diffusa, CGIL, CISL e UIL si dichiarano “preoccupati per le conseguenze che la manovra economica determina su lavoratori dipendenti e pensionati e sulle prospettive di sviluppo del Paese. CGIL CISL e UIL chiedono un incontro al governo Monti per affrontare i problemi derivanti dalla manovra e per chiedere i necessari cambiamenti”.
Inoltre, i sindacati confederali, prosegue la nota, chiedono "un incontro a tutti i partiti per sollecitare la presentazione di emendamenti nella fase della discussione parlamentare". Intanto, già nella giornata odierna, le tre Organizzazioni sindacali presenteranno emendamenti comuni nel corso dell’audizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato.
A sostegno di queste rivendicazioni e di questo percorso, CGIL, CISL e UIL proclamano, per la giornata di lunedi 12 dicembre, 3 ore di sciopero, con presidi davanti alle Prefetture, affidandone la gestione ai territori, come si legge nella nota. Infine, saranno effettuati presidi permanenti davanti alla Camera dei Deputati ed al Senato fino alla conclusione dell’iter parlamentare previsto per la manovra.
I presidi davanti al Parlamento si articoleranno nel modo seguente: giorno 12 e 16 dicembre presso Piazza Montecitorio dalle ore 16 alle ore 19; 13 e 14 dicembre presso Piazza della Rotonda (Pantheon) dalle 16 alle ore 19; 15 dicembre presso Piazza SS. Apostoli dalle ore 10 alle 12; 17 dicembre Piazza Montecitorio dalle 9,30 alle 13
Le categorie del pubblico impiego di CGIL, CISL e UIL hanno proclamato uno sciopero unitario di otto ore dei lavoratori pubblici per lunedì 19 dicembre. La categoria dei metalmeccanici della CGIL ha deciso di anticipare a lunedì 12 dicembre lo sciopero generale inizialmente previsto per il 16. Otto ore di astensione dal lavoro per "contestare - spiega la FIOM CGIL - la manovra decisa dal governo e per denunciare la scelta della FIAT di estendere l'accordo di Pomigliano a 86mila dipendenti del gruppo”.
venerdì 2 dicembre 2011
giovedì 1 dicembre 2011
domenica 27 novembre 2011
Governo: CGIL, per equità parta dalla patrimoniale
te della CGIL e la continuità dell’iniziativa”.Dal discorso del presidente del Consiglio al Senato, la CGIL ha espresso apprezzamento per “l'inversione di tendenza” rispetto al governo precedente sui temi della legalità, ora discontinuità anche sui temi del lavoro. 3 dicembre Assemblea straordinaria con al centro i temi della crescita, del lavoro e dei giovani
» VIDEO su CGILtv
17/11/2011 La CGIL, come si legge in una nota della Segreteria Nazionale, “ha apprezzato nel discorso del Presidente Monti al Senato il forte senso delle Istituzioni, la valorizzazione dello Stato e delle sue articolazioni a tutti i livelli”.
Gli obiettivi delineati, secondo la Confederazione, “danno il senso di una inversione di tendenza rispetto all'impostazione del Governo precedente sul fronte del contrasto all'economia illegale e al ripristino di politiche volte alla trasparenza e alla lotta all'evasione come elemento fondamentale del progresso civile e sociale del Paese. Tuttavia riteniamo che l’equità fiscale si deve realizzare a partire dall’introduzione di una tassa sul patrimonio e le grandi ricchezze, che l’alta pressione fiscale sul lavoro e le pensioni non possa essere nuovamente aggravata dalla reintroduzione della tassa sulla prima casa. È necessario introdurre un più solido ed esplicito criterio di equità su cui fondare un nuovo patto di cittadinanza. La necessità di abbassare le tasse sul lavoro e sulle imprese, condizione indispensabile per la crescita, può trovare in un confronto, che chiediamo, sulla delega su fisco e assistenza prime risposte”.
Il Presidente del Consiglio nel suo discorso programmatico, prosegue la Segreteria Nazionale della CGIL, “ha assunto l’impegno al confronto con le parti sociali sui temi del mercato del lavoro. Questo impegno deve tradursi in una vera disponibilità alla discontinuità dalle politiche del governo precedente, affermando la riduzione della precarietà ed il riconoscimento dei diritti. Ci appare improprio e ingiusto sostenere che ci siano troppe tutele per una parte del mercato del lavoro, mentre è importante l’affermazione sulla necessità di ammortizzatori equi con lo sguardo rivolto ai giovani. Analogo impegno ci attendiamo dal Governo sui temi della previdenza e dello stato sociale. L’interessante approccio tenuto dal professor Monti sull’istruzione registra una vera svolta culturale che riconosce importanza strategica al sistema della conoscenza e dopo anni di vilipendio ne propone la valorizzazione e la funzione essenziale per la crescita e l’innovazione”.
La CGIL convoca, per il prossimo 3 dicembre, un’Assemblea straordinaria di oltre 15mila delegati sulla necessità, spiega la nota, “di fondare la crescita del Paese sul lavoro e sui giovani. In quella sede rilanceremo le proposte della CGIL e la continuità dell’iniziativa”.
Cambiare la fabbrica per cambiare il mondo
IL LIBRO DI MAURIZIO LANDINI SEGRETARIO GENERALE DELLA FIOM :
Essere di sinistra per me significa guardare il mondo da un certo punto di vista: la giustizia sociale, il lavoro, la solidarietà, l’eguaglianza. Per anni siamo andati a rimorchio di una certezza: che alla globalizzazione non ci fosse rimedio e che il problema fosse al massimo quello di limitare i danni. Ecco, io credo che sia giunto il momento di uscire da questa logica e da questo ragionamento.” Maurizio Landini
martedì 15 novembre 2011
Crisi: CGIL, tre anni di mobilitazione per cambiare governo
Per la Confederazione, Berlusconi ha lasciato non solo per gli spread e per la pressione dei mercati, ma anche per la lunga protesta che lavoratori, cittadini, giovani, donne e pensionati hanno portato avanti insieme alla CGIL. Prossimo importante appuntamento il 3 dicembre a Roma per la manifestazione nazionale
Spread, pressione dei mercati, bocciatura internazionale, ma non solo. Per la CGIL tra le ragioni che hanno spinto Silvio Berlusconi a rassegnare le proprie dimissioni c'è la lunga mobilitazione portata avanti in questi anni da lavoratori, cittadini, giovani, donne e pensionati che, al fianco della CGIL, hanno contrastato quelle politiche che oggi si sono dimostrate fallimentari e che confermano il giudizio negativo su di un Governo che non si è interessato alla crescita del Paese, ma solo al risanamento dei conti da realizzare attraverso provvedimenti economici e finanziari ingiusti ed iniqui. Come già dichiarato, nei giorni scorsi, dal Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, questi ultimi tre anni di mobilitazione hanno fatto si che Berlusconi si rendesse conto che “il Paese ormai gli si era rivoltato contro”.
La CGIL nel solo 2011 ha proclamato due Scioperi Generali dal “sucesso straordinario”. Il 6 maggio e poi ancora il 6 settembre il Sindacato di Corso d'Italia ha portato in piazza il disagio, il malumore, il sentire generale del Paese contro delle politiche che hanno impoverito un intero Paese, deprimendo l'economia, aumentando la disoccupazione e le disuguaglianze sociali, abbassando le tutele, cancellando lo stato sociale e i diritti dei lavoratori. Anche nel corso del 2010, la CGIL ha condotto i lavoratori e le lavoratrici allo Sciopero Generale: il 12 marzo e il 25 giugno.
Una protesta che per la CGIL viene da lontano dalla grande manifestazione del 4 aprile 2009 'Futuro Si indietro No' quando tutto il Circo Massimo si è colorato con le bandiere rosse della Confederazione e che poi è proseguita il 14 novembre con la manifestazione nazionale 'Il Lavoro e la Crisi'. Nel 2010 gli appuntamenti nazionali sono stati ben due il 12 giugno a Roma 'Tutto sulle nostre spalle' e il 27 novembre 'Il Futuro è dei giovani e del lavoro'.
Con l'acuirsi della crisi economica la CGIL tutta ha intensificato la sua protesta al fianco dei movimenti e nel corso del 2011 è scesa in piazza il 13 febbraio con le donne di 'Se non ora quando?', il 12 marzo 'A difesa della Costituzione', il 26 marzo per ''l'Acqua pubblica' e il 9 aprile con i giovani, per ribadire con forza che 'Il nostro tempo è adesso'.
Prossima mobilitazione il 3 dicembre a Roma per 'risanare' i mali prodotti dal Governo Berlusconi e a favore del lavoro, “quello che - come sottolineato da Camusso - bisogna costruire, quello che bisogna difendere, quello che bisogna rendere stabile e non precario”.
Crisi: CGIL, le proposte dei 'Giovani NON+' per un futuro di crescita e contro la precarietà
Tassazione delle grandi rendite, investimenti in scuola, università ricerca e green economy, diritto di accesso alla casa e una intensa lotta alla precarietà. Sono solo alcune delle proposte contenute nella piattaforma dei giovani della CGIL per far fronte alla crisi, perchè "alcuni milioni di precari e 2 milioni di giovani senza lavoro sono una vera 'emergenza sociale'"
» La piattaforma - VIDEO su CGILtv della campagna 'Diritti. Non più parole'
In un quadro politico come quello italiano, caratterizzato dall'emergenza sociale ed economica ed in una condizione di crisi globale sempre più preoccupante, sono proprio i giovani tra i soggetti più colpiti. Precarietà, disoccupazione, lavoro nero, mancanza di prospettive per il futuro e l'occupazione dei giovani, sono i temi che hanno riempito le piazze della CGIL, da tre anni a questa parte, quando la crisi era solo alle porte, e che saranno al centro della manifestazione nazionale del 3 dicembre a Roma per 'Il Lavoro'.
Le proposte avanzate finora, dall'ormai dimissionario governo Berlusconi, avevano, esclusivamente, l'effetto di rendere le giovani generazioni sempre più povere, più deboli e prive di diritti e tutele. Basti pensare all'innalzamento dell'età pensionabile che blocca l'accesso di tanti giovani al mondo del lavoro e, come noto, li priva della possibilità di avere contributi per la pensione. E ancora, l'articolo 8 della manovra sui licenziamenti che mette a rischio le tutele e i diritti dei lavoratori permettendo di superare il contratto nazionale di lavoro.
Ed è proprio oggi, alla vigilia della costituzione di un Governo tecnico, che la CGIL si augura sia in grado di risanare i conti dando un segno di discontinuità, che i giovani 'NON+ disposti a tutto', rilanciano con più forza la loro piattaforma di proposte contro la precarietà. Nei giorni scorsi è partita, infatti, un'importante campagna dal titolo 'Diritti. Non più parole' contro ogni forma di lavoro precario e per rivendicare risposte concrete. Una iniziativa, che arriva dopo quella contro i cosiddetti 'stage truffa' negli studi professionali e va di pari passo con la campagna 'Dissòciati!' promossa, in questi giorni, da FILCAMS e NIdiL CGIL contro l'abuso del contratto di 'associazione in partecipazione', ennesima forma di rapporto di lavoro mascherato.
Le proposte dei giovani 'NON+ disposti a tutto', in linea con quelle avanzate da tutta la Confederazione, rivendicano: la tassazione delle rendite finanziarie che “bloccano lo sviluppo, frenano gli investimenti e favoriscono l'accumulazione di ricchezza parassitaria”; investimenti in scuola, università, ricerca e green economy “per creare nuova e buona occupazione e riqualificare il nostro sistema economico”. Nello specifico, i giovani richiedono: lo sblocco delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni e il potenziamento dei centri per l'impiego. Contro la precarietà: porre un termine al moltiplicarsi delle tipologie di lavoro precario; introdurre regole chiare per impedire l'abuso dei contratti truffa; garantire a tutti i diritti fondamentali e i livelli retributivi previsti nei contratti nazionali di lavoro; affermare il principio che il lavoro discontinuo deve costare di più ed estendere l'indennità di disoccupazione a chi oggi ne è privo. Inoltre, i giovani della CGIL reclamano il diritto di accesso alla casa, attraverso l'abbassamento del costo dell’affitto e l'eliminazione dei contratti irregolari. “Chiediamo – è scritto nelle proposte dei 'Giovani NON+' - affitto a canone concordato per studenti e giovani, chiediamo di contrastare la speculazione derivante dalle case sfitte, di recuperare aree urbane per la residenzialità pubblica”.
giovedì 20 ottobre 2011
venerdì 7 ottobre 2011
giovedì 29 settembre 2011
Martinsicuro, Gianni Carbone torna al lavoro. Riconosciuto comportamento antisindacale della Carbotech
Martinsicuro. Licenziamento illegittimo e comportamento anti-sindacale. E’ una sentenza importante, che farà sicuramente storia, quella emessa dal Tribunale di Teramo, che si è pronunciato ieri sul ricorso presentato da Gianni Carbone, l’operaio-sindacalista licenziato dalla Carbotech di Martinsicuro il 25 luglio scorso.
Gianni potrà tornare a lavorare nella “sua” fabbrica, quella per la quale ha speso tante energie, senza fermarsi di fronte a nulla, in nome di quei diritti sanciti dalla Costituzione, come la dignità del lavoro ed il rispetto delle norme di sicurezza. Quei valori per cui si è sempre battuto e che ha pagato con l’allontanamento dalla fabbrica. Ma Gianni non era solo. Con lui, oltre al suo legale ed ai rappresentanti della Filctem Cgil, c’erano anche i suoi colleghi. Loro gli sono rimasti accanto, proclamando uno sciopero generale, terminato lo scorso 5 agosto, giorno in cui sindacati e azienda hanno firmato un accordo, alla presenza del prefetto Eugenio Soldà, che prevedeva la sospensione del licenziamento e la messa in ferie forzate di Carbone, fino al giorno della sentenza.
Quel giorno è arrivato e quanto stabilito ieri dal giudice è stato accolto come una vera vittoria dei lavoratori. “Questo a testimonianza che la lotta non sempre non paga” ha detto il segretario provinciale della Filctem Giovanni Di Timoteo “o almeno non sempre. E’ un risultato molto positivo e deve essere un monito per l’azienda: non può fare quello che gli pare, sacrificando il bene dei lavoratori”.
Gianni oggi è un uomo contento. “In questi anni” racconta “mi sono sempre battuto per i diritti dei lavoratori e per un migliore ambiente di lavoro”. Ricorda quei momenti con tristezza, ma ora può guardare con speranza al futuro. “Ho sempre cercato una collaborazione con l’azienda, soprattutto sul tema della sicurezza, ma negli ultimi 3 anni gli incontri si sono sempre conclusi con un nulla di fatto. Ad aprile sono stato costretto a presentare una denuncia alla Asl per evidenziare alcune problematiche interne, poi accertate. Da lì è arrivata la sospensione di due giorni. Quando sono rientrato avevo molte difficoltà nello svolgimento del mio lavoro, tanto da costringermi ad assentarmi per malattia. Soffrivo di crisi d’ansia e questo mi impediva di lavorare. Durante i giorni di malattia, l’azienda ha mandato più volte la visita fiscale, mi hanno addirittura pedinato. Fino al licenziamento: contestavano il fatto che la mattina alle 7 uscissi di casa in bicicletta”.
Ora per Gianni si apre un nuovo capitolo o, semplicemente, riprende il percorso che aveva momentaneamente interrotto. “Continuerò a fare il mio lavoro come operaio e come sindacalista” assicura, anche in virtù della sua rielezione come rappresentante sindacale.
“Questa sentenza” ha detto il legale Renzo Di Sabatino “è solo il primo passo. L’azienda potrebbe opporsi al provvedimento, ma una cosa è certa: il 19 ottobre terminano le ferie forzate e Gianni Carbone potrà finalmente tornare a lavorare”.
martedì 27 settembre 2011
CIAO SAVE'.... VORREMMO RICORDARTI SEMPRE CON QUEL SORRISO E
QUELLA VOGLIA DI VIVERE CHE AVEVI,SAPPIAMO CHE LE PAROLE NON SERVONO PER
CERCARE UN PERCHE’ !! FORSE IL SOGNO E’ STATO PIU’ BREVE DEL PREVISTO. GRAZIE
DI ESSERE STATO OLTRE CHE UN GRANDE AMICO, UN GRANDE COMPAGNO DI LAVORO: GRAZIE
!! SPERIAMO CHE NEL TUO NUOVO MONDO, TU POSSA ALZARTI SUI PEDALI , E PERCORRERE
PIANURE, SALITE, E DISCESE INFINITE,
COME TI PIACEVA FARE. NOI NON TI SCORDEREMO MAI !!!!!
CI
MANCHERAI TANTO !!!!
CIAO SAVE’…… DA PARTE DI TUTTA LA MORGAN CARBON
ITALIA
lunedì 12 settembre 2011
venerdì 9 settembre 2011
mercoledì 31 agosto 2011
domenica 28 agosto 2011
venerdì 19 agosto 2011
Stop al governo unico delle banche. Dobbiamo fermarli
Giorgio Cremaschi
Stupidi banchieri. Dopo aver chiesto con lettera firmata Draghi e Trichet al governo italiano di cancellare sessant'anni di conquiste sociali e di libertà per rendere solidi i crediti delle banche, ora fanno dire ai loro portavoce sparsi per tutti i giornali e i partiti.
Ma di quale crescita si parla, di quale sviluppo dopo una botta di novanta miliardi di euro sottratti alle tasche dei cittadini, in gran parte lavoratori dipendenti e pensionati. Ma quale sicurezza per il futuro può dare la cancellazione del contratto nazionale e dello Statuto dei lavoratori, affidati a tutti i piccoli e grandi Marchionne che vorranno incrudelire sul lavoro. Ma quale ripresa se le donne verranno licenziate a 45 anni perché troppo vecchie, per lavorare, ma dovranno aspettare i 65 per andare in pensione. Ma quale futuro ci dà la negazione del pronunciamento dei referendum con la messa all'asta di tutti i servizi pubblici, di tutti i beni comuni. Si tagliano i salari e i diritti, si cancellano per sempre libertà fondamentali, garantite dalla nostra Costituzione. Che non a caso si vuol stravolgere con la folle aggiunta dell'obbligo di pareggio di bilancio e con la vergognosa cancellazione del primo maggio, del 25 aprile, del 2 giugno. Ma di quale crescita, di quale sviluppo si parla se si affossa la democrazia costituzionale? Siamo davvero ad un meccanismo impazzito che divora sé stesso nella speranza di sopravvivere. Di questa devastazione sociale non è responsabile solo Berlusconi. Certo, dobbiamo anche pagare il prezzo delle sue escort e dei suoi festini, dell'impresentabilità del suo governo. Ma paradossalmente la debolezza e lo stato confusionale del governo della destra sono serviti a renderlo ancora più acquiescente a chi comanda davvero, a quel governo unico delle banche che oggi impone le sue decisioni, le sue ricette di destra estrema, a tutta l'Europa.
Questo massacro è anche frutto dei balbettii ridicoli di un'opposizione che sinora ha saputo solo rimproverare a Berlusconi di non essere al passo e al tempo dei mercati. Questo massacro è frutto anche della scomparsa della funzione storica del sindacalismo confederale, che in questa crisi ha scelto come portavoce la presidente della Confindustria. E infine questo massacro è frutto anche della decadenza culturale e morale di un élite intellettuale e mediatica che si è trasformata in una ridicola trombetta della globalizzazione, proprio quando la globalizzazione è andata in crisi.
Ora dobbiamo reagire, ma non possiamo permetterci sconti o ingenuità. L'obiettivo non può essere il meno peggio del peggio, ma un rovesciamento della manovra, delle idee e dei poteri che la ispirano.
Bisogna travolgere il governo di Berlusconi, il cui cuore gronda del nostro sangue. Ma bisogna anche combattere il governo unico europeo.
Bisogna fermare la spirale del debito cancellando le spese militari, combattendo davvero l'evasione fiscale che è prima di tutto dei grandi capitali, nazionalizzando le banche, fermando con un muro di tasse la speculazione finanziaria. Bisogna dire basta al patto di stabilità europeo che distrugge la più grande conquista del continente, lo stato sociale. Bisogna riconquistare diritti e libertà per il lavoro, ridurre l'orario e aumentare i salari, costruire un futuro produttivo fondato sulla conoscenza e sui beni comuni. Insomma ci vuole un'alternativa complessiva alla follia liberista del taglio continuo. E' un obiettivo troppo ambizioso? Non credo, perché l'alternativa sarebbe rassegnarci a riservare per nostri figli una società peggiore di quella di cent'anni fa. L'Inghilterra insegna.
Certo questa svolta non si realizza con le attuali classi dirigenti politiche e sindacali, esse sono totalmente subalterne al potere finanziario che ci schiaccia. Per questo un'alternativa economica e un nuovo modello di sviluppo richiedono anche una radicale svolta nella democrazia. Chi governa deve tornare a temere di più il giudizio del proprio popolo rispetto a quello di Standard e Poor's. Oggi non è così. Per questo è necessaria una vera e propria rivoluzione democratica.
Andiamo allo sciopero generale, ma consideriamolo solo l'avvio di un movimento per ridare ai lavoratori un sindacato che ne rappresenti gli interessi rifiutando patti sociali e coesione nazionale. Mobilitiamoci nelle piazze, ma proviamo finalmente a costruire un'alternativa politica a questo sistema istituzionale totalmente subalterno al regime dei padroni. In Italia oggi ci sono tre poli che al momento buono, quando sono in gioco i valori sacri della globalizzazione del mercato, dicono e fanno le stesse cose. Per questo è giunto il momento di costruire un quarto polo anticapitalista, alternativo a tutti gli altri, che dia voce e forza a quei milioni di persone che non ne possono più e che vogliono provare con la lotta a cambiare le cose. Dobbiamo fermarli.
14/08/2011
Stupidi banchieri. Dopo aver chiesto con lettera firmata Draghi e Trichet al governo italiano di cancellare sessant'anni di conquiste sociali e di libertà per rendere solidi i crediti delle banche, ora fanno dire ai loro portavoce sparsi per tutti i giornali e i partiti.
Ma di quale crescita si parla, di quale sviluppo dopo una botta di novanta miliardi di euro sottratti alle tasche dei cittadini, in gran parte lavoratori dipendenti e pensionati. Ma quale sicurezza per il futuro può dare la cancellazione del contratto nazionale e dello Statuto dei lavoratori, affidati a tutti i piccoli e grandi Marchionne che vorranno incrudelire sul lavoro. Ma quale ripresa se le donne verranno licenziate a 45 anni perché troppo vecchie, per lavorare, ma dovranno aspettare i 65 per andare in pensione. Ma quale futuro ci dà la negazione del pronunciamento dei referendum con la messa all'asta di tutti i servizi pubblici, di tutti i beni comuni. Si tagliano i salari e i diritti, si cancellano per sempre libertà fondamentali, garantite dalla nostra Costituzione. Che non a caso si vuol stravolgere con la folle aggiunta dell'obbligo di pareggio di bilancio e con la vergognosa cancellazione del primo maggio, del 25 aprile, del 2 giugno. Ma di quale crescita, di quale sviluppo si parla se si affossa la democrazia costituzionale? Siamo davvero ad un meccanismo impazzito che divora sé stesso nella speranza di sopravvivere. Di questa devastazione sociale non è responsabile solo Berlusconi. Certo, dobbiamo anche pagare il prezzo delle sue escort e dei suoi festini, dell'impresentabilità del suo governo. Ma paradossalmente la debolezza e lo stato confusionale del governo della destra sono serviti a renderlo ancora più acquiescente a chi comanda davvero, a quel governo unico delle banche che oggi impone le sue decisioni, le sue ricette di destra estrema, a tutta l'Europa.
Questo massacro è anche frutto dei balbettii ridicoli di un'opposizione che sinora ha saputo solo rimproverare a Berlusconi di non essere al passo e al tempo dei mercati. Questo massacro è frutto anche della scomparsa della funzione storica del sindacalismo confederale, che in questa crisi ha scelto come portavoce la presidente della Confindustria. E infine questo massacro è frutto anche della decadenza culturale e morale di un élite intellettuale e mediatica che si è trasformata in una ridicola trombetta della globalizzazione, proprio quando la globalizzazione è andata in crisi.
Ora dobbiamo reagire, ma non possiamo permetterci sconti o ingenuità. L'obiettivo non può essere il meno peggio del peggio, ma un rovesciamento della manovra, delle idee e dei poteri che la ispirano.
Bisogna travolgere il governo di Berlusconi, il cui cuore gronda del nostro sangue. Ma bisogna anche combattere il governo unico europeo.
Bisogna fermare la spirale del debito cancellando le spese militari, combattendo davvero l'evasione fiscale che è prima di tutto dei grandi capitali, nazionalizzando le banche, fermando con un muro di tasse la speculazione finanziaria. Bisogna dire basta al patto di stabilità europeo che distrugge la più grande conquista del continente, lo stato sociale. Bisogna riconquistare diritti e libertà per il lavoro, ridurre l'orario e aumentare i salari, costruire un futuro produttivo fondato sulla conoscenza e sui beni comuni. Insomma ci vuole un'alternativa complessiva alla follia liberista del taglio continuo. E' un obiettivo troppo ambizioso? Non credo, perché l'alternativa sarebbe rassegnarci a riservare per nostri figli una società peggiore di quella di cent'anni fa. L'Inghilterra insegna.
Certo questa svolta non si realizza con le attuali classi dirigenti politiche e sindacali, esse sono totalmente subalterne al potere finanziario che ci schiaccia. Per questo un'alternativa economica e un nuovo modello di sviluppo richiedono anche una radicale svolta nella democrazia. Chi governa deve tornare a temere di più il giudizio del proprio popolo rispetto a quello di Standard e Poor's. Oggi non è così. Per questo è necessaria una vera e propria rivoluzione democratica.
Andiamo allo sciopero generale, ma consideriamolo solo l'avvio di un movimento per ridare ai lavoratori un sindacato che ne rappresenti gli interessi rifiutando patti sociali e coesione nazionale. Mobilitiamoci nelle piazze, ma proviamo finalmente a costruire un'alternativa politica a questo sistema istituzionale totalmente subalterno al regime dei padroni. In Italia oggi ci sono tre poli che al momento buono, quando sono in gioco i valori sacri della globalizzazione del mercato, dicono e fanno le stesse cose. Per questo è giunto il momento di costruire un quarto polo anticapitalista, alternativo a tutti gli altri, che dia voce e forza a quei milioni di persone che non ne possono più e che vogliono provare con la lotta a cambiare le cose. Dobbiamo fermarli.
14/08/2011
giovedì 4 agosto 2011
martedì 2 agosto 2011
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