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giovedì 27 settembre 2012




Sabato 22 settembre, tra le associazioni imprenditoriali Federchimica, Farmindustria (entrambi associate a Confindustria) e i sindacati del settore Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uilcem-Uil è stata siglata l'ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto 2013-2015 del settore chimico-farmaceutico (più di 190.000 i lavoratori interessati, impiegati in oltre 1600 imprese, il 90% delle quali piccole e medie), tre mesi prima della scadenza naturale del 31 dicembre 2012.
L'intesa sottoscritta prevede un aumento medio di 148, distribuito su minimi e Ipo, in quattro “tranche”: dal 1 dicembre 2012,10 euro, che rappresenta il recupero del differenziale previsto dal precedente contratto; dal 1 gennaio 2013, 33 euro; dal 1 gennaio 2014, 43 euro; dal 1 gennaio 2015, 47 euro; dal 1 ottobre 2015, 15 euro. In sostanza, nel triennio 2013-2015, entreranno nelle buste paga dei lavoratori 3.466 euro rispetto ai 3.367 del contratto precedente.


martedì 25 settembre 2012






Quanta gente da rottamare con Marchionne : di Giorgio Cremaschi

Improvvisamente l'amministratore delegato della Fiat diventa una persona
imbarazzante per tutto il palazzo che l'ha cosi a lungo esaltato. Il ministro
Fornero implora telefonate per capire, tutti vogliono chiarezza.
Due anni fa Marchionne avviava a Pomigliano la fase finale della distruzione
del sistema contrattuale e dei diritti del lavoro, da quello alle pause, a
quello allo sciopero e alle stesse libertà sindacali.
Lo scopo era presentato come il rilancio della Fiat come grande
multinazionale, che non poteva più tollerare i lacci e lacciuoli delle leggi e
dei contratti italiani. Eugenio Scalfari dedicò diversi suoi interventi a
spiegare che il mondo era cambiato che, come diceva il capo fiat senza tema di
sembrare un poco immodesto, Pomigliano segnava una nuova epoca, si entrava nel
dopo Cristo della globalizzazione.
Sull'onda di quel pensiero si mosse gran parte del centro sinistra, escluse le
forze che in questi giorni hanno presentato i referendum per restituire ai
lavoratori l'articolo 18, cancellato dalla controriforma del lavoro.
Bersani dichiarò, naturalmente con sofferenza, che bisognava accettare il
massacro a Pomigliano purché restasse una "eccezione"..Il suo attuale
avversario Renzi disse semplicemente: "io sto con Marchionne". Sacconi lanciava
peana e anche la Lega nord, da sempre a parole nemica del potere Fiat, si
convertiva sulla via di Detroit. Il neo eletto presidente del Piemonte Cota
diventava un pasdaran del piano , naturalmente in compagnia dei sindaci Pd di
Torino vecchio e nuovo, Chiamparino futuro banchiere e Fassino, che si travestì
da operaio affermando:" se fossi in fabbrica voterei sì".
Il rettore della Bocconi Mario Monti scrisse un lungo articolo sul Corriere
per esaltare le due vere modernizzazioni dell'Italia, la riforma Gelmini e l
piano Marchionne. Nel sindacato come si sa Cisl , Uil e Ugl diventarono alfieri
sfacciati dell'azienda e solo la Fiom ed i sindacati di base si schierarono
contro. La Cgil scricchiolò e tentennò, con quella campana a favore e quella
nazionale più cauta, salvo lasciar trapelare la richiesta alla Fiom di
effettuare una firma "tecnica".
Tutto questo in un clima informativo monocorde, come oggi con il governo
Monti, ove ogni spirito critico veniva messo all'indice come ideologia d'altri
tempi.
Così la domanda fondamentale: ammesso che le condizioni poste siano
accettabili, quanto è credibile il piano aziendale? Questa domanda non venne
mai posta ne' sui mass media, tranne da tre giornalisti seri e inascoltati, né
dalle istituzioni, né da sindacati e partiti complici. Contemporaneamente in
Germania sindacati e governo ponevano le domande vere all'amministratore
delegato Fiat che voleva rilevare la Opel, e viste le risposte lo cacciavano
senza rimpianto.
Il piano Fiat prevedeva 20 miliardi di euro di investimenti, e un milione e
quattrocentomila auto prodotte nel 2014. Oggi Cisl e Uil in evidente difficoltà
danno la colpa alla caduta del mercato.
Ma a parte il fatto che tre anni fa la crisi era già cominciata e qualche
previsione la si poteva fare, il punto è che con quel piano l'azienda prevedeva
di RADDOPPIARE in poco tempo la produzione in Italia e di MOLTIPLICARE PER 20
gli investimenti in atto. Dove erano i soldi, le catene di montaggio, i modelli
e il marketing per un piano così grandioso? Non c'era nulla se non un intenso
lavoro degli uffici pubbliche relazioni sui palazzi..
Ora questo piano inventato e privo di credibilità sin dall'inizio, viene
ufficialmente abbandonato. Nel frattempo Marchionne e la famiglia Agnelli hanno
guadagnato tanti soldi dall'affare americano e da tanti altri. I profitti sono
risanati e le fabbriche si preparano a chiudere. E' quello che sta succedendo a
tutto il paese con la politica di Monti.
Se vogliamo superare la crisi economica delle persone e dell'economia
materiale, dobbiamo rottamare tutta la classe dirigente che ha creduto a
Marchionne.