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domenica 23 dicembre 2012
domenica 9 dicembre 2012
Nuovo segretario alla Cgil Di Dario eletto con 77 voti
Raccoglie il testimone da Di Odoardo, che va in pensione dopo 43 anni «Le mie priorità sono la vertenza dell’Atr, i giovani precari e i pensionati»
TERAMO. La crisi e il dramma dell’occupazione tengono unita la Cgil che ieri ha eletto quasi all’unanimità il nuovo segretario provinciale. A raccogliere il testimone di Giampaolo Di Odoardo è Alberto Di Dario, che è stato eletto ieri dal comitato direttivo provinciale con 77 voti favorevoli e cinque astenuti su un totale di 82 partecipanti all’assemblea. Il suo è il nome che ha messo tutti d’accordo e che incarna le caratteristiche tracciate nelle consultazioni delle scorse settimane dal direttivo provinciale. Ovvero la necessità di eleggere un rappresentante proveniente dal territorio e che rappresenti l’unità del sindacato e delle sue varie anime. E così è stato.
Alberto Di Dario, 58 anni, è nato a Isola del Gran Sasso ed è entrato giovanissimo in Cgil nel 1976 dimostrando grandi capacità organizzative e propositive. Ha rivestito l’incarico di segretario della zona dell’alto Vomano, all’epoca al centro di grandi lotte per il lavoro e cuore pulsante dell’area interna della provincia, ed è stato nel comitato istituzionale per lo sviluppo dell’area e tra i protagonisti dell’istituzione del Parco nazionale Gran Sasso Laga. Da dirigente ha seguito il settore dei lavoratori edili e l’Inca, è stato poi alla guida della Filcea Cgil provinciale, la categoria dei chimici, prima di diventare componente della segreteria provinciale, incarico che ha ricoperto per otto anni. Da ultimo Di Dario ha assunto l’incarico di direttore provinciale dell’Inca e di presidente del Comitato direttivo regionale della Cgil. «La sua vena profonda ambientalista, coniugata alle realtà delle fabbriche e degli uffici», scrive in una nota la segreteria della Cgil, «fanno di lui un dirigente rispettato dalle controparti e stimato dalle compagne e compagni della Cgil».
«Il mio impegno sarà innanzitutto quello di continuare in tutte le vertenze aperte in provincia», ha detto dopo l'elezione Di Dario, «ce ne sono circa 60, tra queste voglio ricordare quella dell'Atr che sicuramente ci sta molto a cuore. Per la Val Vibrata continueremo a chiedere al governo regionale il finanziamento del protocollo già approvato. Ma vogliamo prestare anche molta attenzione al mondo dei giovani e quindi alla precarietà senza dimenticarci dei pensionati e degli anziani, per far sì che i bilanci sociali dei Comuni vadano incontro alle esigenze delle fasce più deboli della società e non dimentichino lo spopolamento delle aree interne». Di Dario ha annunciato anche l'organizzazione entro fine anno di un evento in piazza a Teramo per spiegare i contenuti della riforma sul lavoro visto che «molte imprese la stanno interpretando erroneamente, licenziando ingiustamente i lavoratori a tempo determinato».
TERAMO. La crisi e il dramma dell’occupazione tengono unita la Cgil che ieri ha eletto quasi all’unanimità il nuovo segretario provinciale. A raccogliere il testimone di Giampaolo Di Odoardo è Alberto Di Dario, che è stato eletto ieri dal comitato direttivo provinciale con 77 voti favorevoli e cinque astenuti su un totale di 82 partecipanti all’assemblea. Il suo è il nome che ha messo tutti d’accordo e che incarna le caratteristiche tracciate nelle consultazioni delle scorse settimane dal direttivo provinciale. Ovvero la necessità di eleggere un rappresentante proveniente dal territorio e che rappresenti l’unità del sindacato e delle sue varie anime. E così è stato.
Alberto Di Dario, 58 anni, è nato a Isola del Gran Sasso ed è entrato giovanissimo in Cgil nel 1976 dimostrando grandi capacità organizzative e propositive. Ha rivestito l’incarico di segretario della zona dell’alto Vomano, all’epoca al centro di grandi lotte per il lavoro e cuore pulsante dell’area interna della provincia, ed è stato nel comitato istituzionale per lo sviluppo dell’area e tra i protagonisti dell’istituzione del Parco nazionale Gran Sasso Laga. Da dirigente ha seguito il settore dei lavoratori edili e l’Inca, è stato poi alla guida della Filcea Cgil provinciale, la categoria dei chimici, prima di diventare componente della segreteria provinciale, incarico che ha ricoperto per otto anni. Da ultimo Di Dario ha assunto l’incarico di direttore provinciale dell’Inca e di presidente del Comitato direttivo regionale della Cgil. «La sua vena profonda ambientalista, coniugata alle realtà delle fabbriche e degli uffici», scrive in una nota la segreteria della Cgil, «fanno di lui un dirigente rispettato dalle controparti e stimato dalle compagne e compagni della Cgil».
«Il mio impegno sarà innanzitutto quello di continuare in tutte le vertenze aperte in provincia», ha detto dopo l'elezione Di Dario, «ce ne sono circa 60, tra queste voglio ricordare quella dell'Atr che sicuramente ci sta molto a cuore. Per la Val Vibrata continueremo a chiedere al governo regionale il finanziamento del protocollo già approvato. Ma vogliamo prestare anche molta attenzione al mondo dei giovani e quindi alla precarietà senza dimenticarci dei pensionati e degli anziani, per far sì che i bilanci sociali dei Comuni vadano incontro alle esigenze delle fasce più deboli della società e non dimentichino lo spopolamento delle aree interne». Di Dario ha annunciato anche l'organizzazione entro fine anno di un evento in piazza a Teramo per spiegare i contenuti della riforma sul lavoro visto che «molte imprese la stanno interpretando erroneamente, licenziando ingiustamente i lavoratori a tempo determinato».
L'accordo separato, rifiutato dalla Cgil ma sottoscritto dagli altri sindacati, sulla produttività cancella le tutele su aumenti, orari, mansioni e videosorveglianza. Rischiano di non avere incrementi di stipendio tutti i lavoratori che non firmano accordi aziendali. Il sindacato potrà dare l'ok all'aumento dell'orario settimanale e al demansionamento.
All'indomani della firma separata sul patto per la produttività è il momento di un'analisi più attenta, e sono dolori. Il baricentro della contrattazione, e in particolare su questioni delicate come gli aumenti salariali, gli orari, le mansioni e la videosorveglianza, si sposta dal contratto nazionale (e dalle tutele garantite dalle leggi) alla contrattazione aziendale. Indebolendo, necessariamente, quanto già conquistato fino a oggi collettivamente (spesso sarà una crisi a decidere per nuovi accordi) e non garantendo tutti coloro che, tra l'altro, non riusciranno mai a fare una contrattazione aziendale. Intanto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha giudicato l'accordo «un fatto importante», e subito dopo si è augurato «che non manchi il contributo della Cgil».
In particolare, per quanto riguarda i salari, si prevede che il contratto nazionale possa perdere gli automatismi previsti fino a oggi, che in qualche modo tendevano a garantire il potere di acquisto agganciando gli aumenti all'inflazione: gli incrementi verranno legati alla produttività, contrattata nel secondo livello.
Il tutto sarà sostenuto da una politica di sgravi concessa dal governo: l'esecutivo dovrebbe decidere entro il 15 gennaio la platea dei lavoratori che avranno diritto alla detassazione (al momento è prevista per chi ha un massimo di 30 mila euro di reddito ma i sindacati chiedono che il tetto sia elevato a 40 mila euro), il tetto della retribuzione per il quale sarà previsto il vantaggio fiscale (al momento 2.500 euro ma i sindacati chiedono sia innalzato) e i criteri con i quali il vantaggio sarà assegnato (ovvero quale sia da considerare salario di produttività). Con la tassazione al 10% il lavoratore che dovesse avere un'aliquota del 27% avrebbe un vantaggio di 170 euro per ogni 1.000 euro erogati come salario di produttività.
Gravissimo quanto deciso in merito a orari, mansioni e videosorveglianza, perché è previsto che nei contratti aziendali e territoriali si possa derogare non solo al livello nazionale ma anche rispetto alla legge. E, quel che è più grave, le parti hanno chiesto al Parlamento che queste materie si sottraggano alla tutela legale per metterle tutte in mano alla contrattazione.
Oggi la legge prevede che l'orario sia di 40 ore settimanali e di 8 al giorno con un massimo di 48 ore settimanali compresi gli straordinari. La contrattazione potrebbe prevedere, nel caso di affidamento della materia da parte della legge, criteri di maggiore flessibilità a fronte di specifiche situazioni. Si potrebbe naturalmente prevedere che questa flessibilità sia perlomeno remunerata.
Quanto alle mansioni, l'articolo 2103 del codice civile stabilisce che il lavoratore «deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito». La contrattazione potrebbe regolare la materia in modo differente anche se l'accordo parla di «equivalenza delle mansioni e integrazione delle competenze»: insomma di fatto si potrà prevedere il demansionamento dei lavoratori.
Infine, il controllo a distanza: attualmente è vietato dallo Statuto dei lavoratori. L'accordo prevede «l'affidamento alla contrattazione collettiva delle modalità attraverso cui rendere compatibile l'impiego di nuove tecnologie con la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, per facilitare l'attivazione di strumenti informatici ordinari, indispensabili per lo svolgimento delle attività lavorative». Un'altra picconata allo Statuto, dopo lo stravolgimento dell'articolo 18.
La segretaria Cgil Susanna Camusso aveva già spiegato la sera della firma separata le ragioni del no: la tutela del contratto nazionale e di aumenti che garantiscano a tutti un reale potere di acquisto; la difesa di diritti fondamentali legati a orari, mansioni, videosorveglianza; nuove regole di rappresentanza che garantiscano anche chi non firma gli accordi, e in particolare la richiesta esplicita a Federmeccanica di riprendere a contrattare con la Fiom, oggi esclusa.
Dall'altro lato, secondo Raffaele Bonanni (Cisl) «i lavoratori pagheranno 3 volte meno tasse». Per il leader del Pd Pierluigi Bersani l'accordo centra «l'obiettivo di estendere la contrattazione decentrata», ma poi invita il governo a «continuare la discussione» per «ricomporre l'unità sindacale».
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