Il più lungo sciopero di massa dell'Occidente dalla prima guerra mondiale: un anno esatto fra il marzo '84 e quello dell'85. Fu una guerra di classe, combattuta su un campo di battaglia vasto quanto la Gran Bretagna DI SALVO LEONARDI
A voler stilare un’ideale classifica delle lotte che più epicamente hanno segnato la storia e l’iconografia del movimento operaio internazionale, quella dei minatori inglesi del 1984-85 occupa a buon diritto una posizione di assoluto rispetto. È stato il più lungo sciopero di massa dell’Occidente dai tempi della Prima guerra mondiale: un anno esatto fra il marzo ’84 e quello dell’85. Fu una guerra, di classe, combattuta su un campo di battaglia vasto quanto la Gran Bretagna.
Nelle brughiere di Scozia, Galles, Yorkshire e Kent si fronteggiano per mesi 165.000 minatori e alcune decine di migliaia di poliziotti. Ci sono i generali (Thatcher e MacGregor, il falco a capo del National Coal Board, da un lato, e Arthur Scargill, per il Num, il potente sindacato dei minatori dall’altro), i piani (quello Ridley per la privatizzazione e l’uscita dal carbone), le tattiche (i picchetti volanti), le battaglie campali che segneranno le sorti finali del conflitto, come ad Orgreave, nella primavera ’84.
Alla fine si conteranno 2 morti, 1750 feriti ufficiali, 11.312 arresti, 5.653 processi per direttissima, un migliaio di licenziamenti solo per rappresaglia. Decine di film, romanzi e canzoni emozioneranno il pubblico di mezzo mondo, inducendolo a schierarsi coi “vinti” (Which side are you on è allora il titolo di una celebre canzone), immortalando per sempre l’eroica sconfitta di una comunità di uomini e donne, incarnazione di un intero pezzo della storia e dell’identità della Gran Bretagna moderna.

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